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Laura Roma
view post Posted on 9/3/2007, 20:49 by: Laura Roma




FEBBRAIO 1998

IL RITORNO

Le precedenze di Yield

Atto 1

Che giornata incredibile! Stone Gossard ha ragione: guarda fuori dalla finestra del quindicesimo piano che ci ospita e stenta a credere a tutta la luce e al sole che oggi inonda Seattle, sbucato fuori stamattina dopo tre giorni di gelida pioggia orizzontate sferzata dal vento del pacifico. E come lui, nemmeno seattler, gli abitanti della citta', credono ai loro occhi e si agitano come ragazzini per le strade della metropoli, intenti a non farsi sfuggire nemmeno un raggio di calore. Ecco perche' mentre si raggiunge l'albergo per l'intervista e' facile incontrare persone con piumino da neve e pantaloncini corti, ragazze con lunghi vestiti leggeri ed estivi, qualcuno addirittura in canottiera, anche se non faranno piu' di cinque gradi ed il pacifico non smette mai di ricordare la sua davvero vicina presenza. Insomma si, e' pieno inverno, ma per Seattle oggi e' festa; e' uno dei cento giorni di sole all'anno (gli altri duecentosessantacinque piove e/o nevica) e non ce' bisogno di pensare ad altro. O forse si. Perche' Gossard ha ragione anche per altri motivi, visto che questo e' proprio l'incredibile giorno in cui i Pearl Jam tornano a rilasciare interviste dopo un silenzio stampa durato qualcosa come cinque anni. Un periodo assai lungo, sopratutto per i giornali assetati di notizie, ma anche un tempo ricco di soddisfazioni per il quintetto cittadino, arrivato alla decisione di tagliare i ponti con i mass media dopo il successo epocale e lo stress gigantesco accumulato con Ten, il debutto. Un album dall' intensita' incredibile, capace di proitettare immediatamente i Pearl Jam nei favori del pubblico mondiale e sotto la continua osservazione rompiballe da parte della stampa, con quell accumulo di domande stupide e inutili gossip che trascino' il gruppo ad una nutrita serie di drastiche decisioni: niente interviste, niente videoclip per promuovere gli album seguenti e, sopratutto, nessun contatto con la stampa, lasciando che fosse solo il colossale passaparola di un pubblico fedele a spingere in alto le vendite dei lavori successivi: a tutti gli effetti, l'unica pubblicita' di cui hanno goduto Vs, Vitalogy, e No Code. Ma le regole sono fatte per essere infrante, ed ecco cosi' che l'arrivo del nuovo Yield, uscito il tre febbraio in tutto il mondo, cambia lo stato delle cose e porta i Pearl Jam a radunare a Seattle una manciata di giornalisti venuti da tutto il mondo appositamente per sentire, parlare ed investigare sull' attuale condizione del gruppo. Ad aprirsi al microfono ci sono il chitarrista Stone Gossard, che abbandona la finestra e siede gustandosi un te', ed un emozionato Jeff Ament, il bassista. L'arrivo di Eddie Vedder e Mike McCready e' previsto per il pomeriggio, mentre il drummer Jack Irons e' rimasto tranquillamente a casa in California.

Innanzitutto, perche' siamo qui? Cinque anni senza fare interviste, promozione e tutte le cose che collegano i gruppi di stampa. Ed oggi? Cosa e' cambiato per i Pearl Jam?
Ament: Mah, volevamo presentare al meglio questo nuovo disco, nessun motivo specifico oltre a questo.
Gossard: Potrebbe essere l'occasione giusta per ricordarci perche' non abbiamo fatto interviste negli ultimi cinque anni e, magari tornare a non farne piu' per i prossimi cinque a venire (ridono).
Ament: Per ora abbiamo una fitta serie di appuntamenti con mensili, quotidiani, radio.

E fra loro ce' anche Rolling Stone? Ricordo che tre o quattro anni fa il giornale americano tento' di distruggere l'immaggine di Eddie Vedder, accusandolo di esser un falso clamoroso...
Gossard: Mah, non so se ci sono nella lista, ma certo noi non abbiamo problemi. La cosa allora prese una brutta piega sopratutto nella loro mente e, da una parte, posso anche capirli. Erano mesi che ci inseguivano per ottenere un intervista, solo che capitarono in un periodo completamente sbagliato, non eravamo proprio nell' attidudine e nell' umore giusto per parlare con la stampa. Era una cosa che stavamo evitando in ogni modo. Beh, dopo una lunga serie di no, evidentemente loro si sono....arrabbiati. E non hanno trovato nient' altro da fare che ricostruire la vita privata di Eddie, specialmente quella del suo periodo pre-Pearl Jam, supportando la teoria di come lui avesse sempre cercato il successo ad ogni costo, e che tutto il suo personaggio fosse "finto alternativo" ed in realta' assetato di fama e soldi.
Ament: Solo un tentativo ridicolo di far male a qualcuno.

Il motivo che ci porta a quest'incontro e' l'uscita di Yield, il vostro quinto album. Segna novita' sostanziali rispetto ai precedenti?
Gossard: Si, certo. E la piu' importante, quella che sentiamo piu' forte delle altre, e che stiamo crescendo notevolmente come band. Questo e' certo. Voglio dire, sappiamo sempre di piu' come si fanno i dischi, quali sono i nostri tempi e i nostri modi ideali di lavorazione. Stavolta e' migliorata anche di piu' la nostra capacita' di essere band, di lavorare davvero tutti assieme. Si e' sempre trattato di contributi individuali combinati tra loro, questa e' sempre stata la base dei Pearl Jam. Ma in questo nuovo lavoro la cosa e' stata ancora piu' intensa e profonda, abbiamo raggiunto una maggiore alchimia. Con Yield abbiamo alzato il livello della nostra intesa comune. Perche' quello che ci preme di piu', comunque, e' sviluppare al meglio le nostre idee, fare buona musica e cercare di migliorare sempre come musicisti.

Beh, e' strano sentirvi dire questa cosa del miglioramento, dopo che i vostri lavori hanno venduto oltre venti milioni di copie nel mondo...
Ament: Si e' vero. Ma e' normale cercare sempre di crescere, no? O quantomeno e' quello che noi tentiamo di fare. Insomma, i Pearl Jam non hanno obiettivi stellari da raggiungere, siamo gia' piu' che soddisfatti di quello che e' successo alla band in questi anni...Ora cio' che riserviamo come persone e' soltanto provare a scrivere la migliore musica possibile, collezionare una serie di canzoni interessanti, lavorare per trovare ognuno il proprio sound migliore. Questo e' cio' che ci interessa, il resto conta meno.

Vuol dire che non state progettando olive giganti e megaschermi da inserire sul palco nel corso del vostro prossimo tour?
Gossard: Ah, ah...come gli U2, vero? No, non ci interessa, davvero. Cosi come non puoi spingermi a fare polemica con loro, perche' non e' la mia idea. Il fatto e' che siamo tutti insieme dentro questo business, nel quale ci sono tante opzioni possibili tra cui scegliere. L'unica cosa che so e' che a noi non interessa diventare grandi quanto lo sono loro. Ci piace molto di piu' l'idea di rimanere una piccola comunita' che fa musica, che viaggia ovviamente anche attraverso le difficolta' che sorgono all'interno di un gruppo, quelle dovute alle singole personalita', una lotta di idee dalla quale poi scaturisce sempre nuova musica. E, sopratutto, ci interessa continuare a comunicare con gli altri, col pubblico, e farlo solo a modo nostro, senza doverci per forza preoccupare di quanti biglietti vendiamo, di quanta gente compra i nostri dischi, degli stadi mezzi pieni o mezzi vuoti. Ma se altri hanno intenzione di fare questo e di vivere cosi', beh, liberi di farlo.
Ament: Che comunque mi sembra una carattersitica propria dei gruppi in giro da lungo tempo, come la band di Bono oppure i Rolling Stones.

Ai quali avete fatto da supporto per tre recenti serate ad Oakland. Come e' andata?
Gossard: Bene, molto bene. Siamo sempre stati dei loro grossi fan, a Mike quasi veniva un infarto per l'emozione. Si, eravamo un po' tesi, ma poi Charlie Watts, il loro batterista, e' venuto nel backstage per conoscerci, ha iniziato a raccontare una serie di storie divertenti che sono capitate agli Stones negli ultimi tempi e tutto si e' risolto serenamente e con molte risate.
Ament: Si. Watts ha fatto di tutto per metterci a nostro agio. Si e' rivelata un' ottima persona, cosi' come anche gli altri. Ci siamo divertiti molto con loro ed e' stato anche interessante scoprirli nel privato, visto che avevano tutti quanti le famiglie a seguito.
Gossard: Comunque e' andata bene anche sul palco. C'erano anche molti nostri fan, gente venuta li apposta per noi, per vederci suonare.
Ament: Dopotutto il nostro nome era scritto grande sul cartellone di presentazione.

Visto che di interviste se ne e' parlato per un lungo tempo, la stampa mondiale ha trovato spesso l'occasione per spettegolare sul vostro conto, appiccicandovi di tanto in tanto questo o quel nemico. Anche i REM e gli stessi U2, tra gli altri, prima di scoprire che si trattava solo di balle. Ed allora ditelo voi: chi nel corso di questi anni si e' veramente comportato come "nemico" dei Pearl Jam?
Gossard: Kurt Cobain! Davvero! Immaggina che situazione... E' successo all'inizio della nostra vita come band, eravamo assieme da poco piu' di sei mesi, credo. Comunque era il periodo in cui iniziavamo qua e la nei locali di Seattle, stavamo gia' pensando al nostro primo album, pero' non avevamo ancora trovato un contratto discografico. Bene, Kurt lo avevamo incontrato un paio di volte durante queste occasioni, all'epoca i Nirvana erano gia' famosi e stavano preparando il loro secondo album. Ma fra noi non c'era mai stato problema, anzi, sembrava proprio una situazione tranquilla ed amichevole fra due gruppi che fanno parte della stessa scena, capito come? Finche' un giorno ci capita di leggere un' intervista che lui aveva rilasciato ad un giornale locale in cui diceva: I Pearl Jam fanno schifo,, sono davvero un gruppo che fa canzoni di merda. Immaggina te come siamo rimasti. Insomma, ce' questa persona che tu ammiri come performer e che hai sempre seguito con interesse come autore perche' e' in grado di scrivere canzoni strepitose. E lui cosa pensa della tua musica? Che fa schifo! Io volevo morire!
Ament: Credo comunque che in seguito abbia cambiato idea. Sono sicuro che negli anni successivi Kurt si sia ricreduto sul nostro conto. Alla fine eravamo diventati buoni amici e non credo che avesse mantenuto quella stessa opinione nei nostri confronti...ma volevo anche dire che non ce' quasi mai un motivo per odiare al 100% un altro gruppo. Magari conosci la gente di un' altra band e trovi che il cantante e' molto simpatico, ma il chitarrista e' un completo imbecille. Cose cosi', come nella vita.

Voi vivete ancora a Seattle. Perche'?
Gossard: Che intendi dire?

No, che so: qui piove trecento giorni all' anno, fa sempre freddo. Da buoni rocker, non sarebbe meglio trasferirivi alle Hawaii, dove fa decisamente piu' caldo?
Gossard: Nah, non fa per me. E' vero che noi siamo spesso in viaggio, sia come band che per nostro piacere personale, e forse questo ci aiuta nel vivere qui. Ma io adoro Seattle, e' il posto dove sono nato e cresciuto, ed e' bellissimo rimanere in casa tre giorni di seguito perche' fuori piove e non puoi azzardarti nemmeno ad uscire. Certo, se piovesse per sei mesi di fila, credo proprio che cambierei idea! Ma e' bello aspettare il sole che esce. Ti da un umore che mi piace molto.
Ament: E poi qui ci sono i Sonics, una delle squadre pu' forti dell' NBA.
Gossard: Si, ed anche ottimi ristoranti, buone gallerie d'arte, splendidi posti attorno alla citta'. Puoi sciare, fare immersioni e c' e' il Pacifico ad un 'ora da qui. Non saprei davvero dove altro andare.

I vostri posti di vacanza preferiti?
Ament: La Turchia e' sorprendente, cosi' come l'Italia, la Grecia e tutti i paesi del Mediterraneo. Sono stato da voi il mese scorso, come turista. Ho girato le Cinque Terre, Firenze, Siena. Qualcuno mi ha anche riconosciuto per strada, ma nessuno poi mi ha fermato per chiedere autografi o per una stretta di mano.
Gossard: Io adoro i Caraibi, l'Australia, l'Italia. Ma anche il Messico e la Costa Rica sono splendidi posti da visitare.

Ma esiste ancora una scena musicale a Seattle? I giornali sono sempre pronti a definirla "agonizzante"...
Ament: Mah, io non lo so. Se esco di casa, preferisco andare a bere in qualche bar con gli amici. E' molto che non ascolto musica live, non sono informato sulle novita'. E se proprio voglio sentire qualcosa di nuovo, metto su un compact a casa mia. Ora sono abbastanza preso dalla world music basata su percussioni e ritmo.
Gossard: No, io so invece che qualcosa di interessante e' rimasto nella scena musicale di Seattle. Ma il mio e' anche un interesse professionale, in quanto porto avanti anche l'attivita' con la Loosegroove, la mia etichetta discografica.

Ed hai anche un attivita' parallela nei Brad. A quando i Pearl Jam di supporto alla tua band?
Gossard: Uhm, non sarebbe male come idea, no? Forde dopo il prossimo lavoro dei Brad, che dovremmo riuscire a pubblicare entro la fine di quest' anno.

Il 20 Febbraio parte da Maui il nuovo tour mondiale dei Pearl Jam. Vi aspetta una situazione stancante?
Ament: No, affatto. Andremo in tour solo nel corso di quest'anno e faremo in tutto piu' di 50-60 date. Partiamo dall' Oceania, poi abbiamo concerti qui negli States e saremo in Europa per Settembre-Ottobre. Ma abbiamo molte pause per riposarci e non farci pesare piu' di tanto lo stress del tour.

In un intervista, Dave Grohl dei Nirvana ha detto di aver lasciato Seattle perche' dentro casa sua c'era un fantasma che lo tormentava. Nessuna storia paranormale nei Pearl Jam?
Gossard: No, nessun fantasma, non mi pare.
Ament: Sai cosa? E' gia' paranormale essere in una band come questa, non abbiamo bisogno di fantasmi ad elettrizzarci l'esistenza. La vita e' gia' cosi' strana di per se.

Ultima domanda: quanto dureranno i Pearl Jam?
Ament: Finche' ce la faremo a salire sul palco, stanne certo. Con le nostre due band precedenti, io e Stone non siamo andati mai oltre il primo disco e qualche manciata di Ep. Ora con i Pearl Jam siamo gia' a quota cinque. Credo che una striscia di dieci sia sufficente. Ma manca ancora tanto tempo per completarla.
Gossard: E dopo che ci saremo sciolti da qualche anno inizieremo a pensare ad una reunion, cosi, tanto per suonare di nuovo assieme. Faremo un tour come tutti i vecchi gruppi che si ricostituiscono, rispolvereremo tutti i nostri brani. Si, sara' divertente scioglierci un giorno.

Atto 2

Isolamento. I Pearl Jam hanno trovato nell' assenza dal mondo dei media il rimedio alla sindrome da rock star. Perche' avete scelto questo metodo di difesa?
Vedder: Stavamo muovendoci troppo veloci. Proprio come quei gruppi che dopo aver pubblicato un disco vanno in tournee in tutto il mondo. Non so se eravamo davvero felici, anche se riuscivamo comunque a sopravvivere.

Siete sopravvissuti a tutte le altre band grunge, vero?
Vedder: Parte della sopravvivenza sta nel non farti uccidere.
Gossard: Il fatto di non fare interviste, non fare video e non andare in tour ci ha aiutati a sopravvivere.
Vedder: Suonare. Ecco cosa bisogna fare come band. Tutto il resto, oltre a distogliere la concentrazione dal punto centrale ti da una strana percezione di te stesso. Cambia la prospettiva che hai del pubblico, perche' la prospettiva del pubblico nei tuoi confronti e' cambiata.

Siete riusciti a restare concentrati?
Vedder: Si
Gossard: Avevamo bisogno di staccare. Abbiamo sottovalutato a lungo la crescita di noi come persone ed era diventato difficile far combaciare gli estremi. Restare in una band, continuare ad essere amici, scrivere canzoni e nel frattempo avere una famiglia. Gli elementi che rappresentano la vita di orgnuno di noi. Il problema e' che bisognava fare i conti con tutte queste cose, sapendo bene che avevamo voglia di suonare e fare dischi e che in effetti stavamo facendo dei dischi. Quali show ci sono davvero piaciuti? Come sarebbe stato il nostro programma quotidiano se avessimo davvero scelto quello che ci piaceva? In realta' facevamo semplicemente tutto. Cinque giorni di interviste, tre video, duemila giorni di concerti. L'etichetta discografica puo' farti lavorare anche fino all' alba se glielo permetti. Se non vedi nulla di meglio, allora lo fai. Ecco, questo e' esattamente quello che' successo. Stavamo sgretolandoci e cosi' ad un certo punto abbiamo detto fanculo, non faremo proprio un bel niente, che ne dite? Beh, per un po' di anni e' stato perfetto e ci ha davvero aiutati a capire che non devi per forza stare al gioco per essere una buona band.

Ma i fan si sono lamentati...
Gossard: Praticamente abbiamo fatto un disco all' anno. Ci sono molte buone band che sono state assenti dalla scena per molto tempo. Noi non abbiamo fatto grosse tournee per tre anni e probabilmente non ne faremo piu' di cosi' estenuanti.

E' stato questo uragano che si e' abbattuto sui gruppi di Seattle che ha ucciso il grunge?
Vedder: Prima hai chiesto perche' siamo stati i soli a sopravvivere. Ma in realta' non e' una domanda corretta, perche' tutta quella gente sta ancora facendo musica. Chris Novoselic ha una band. Chris Cornell suona ancora, cosi' come Matt Cameron e Ben Shepard. Se ci sono state band che sono sparite, si tratta dei secondi arrivati e non faro' nomi...ma non mi sembra che nessuna band sia stata uccisa. Non sono sparite: fanno ancora musica. E se Babbo Natale non si veste piu' grunge perche' non va piu' di moda mi sembra una cosa positiva. Sono contento che quell 'aspetto sia morto.
Gossard: Ogni movimento musicale deve fare i conti con i media. Studiano ogni fenomeno in ogni minimo dettaglio, e quello di Seattle e' stato cosi' approfondito che la gente si e' semplicemente stufata di sentirne parlare. E' tutto finito per quanto riguarda i media. Dal punto di vista degli individui, invece, ce' ancora molto fermento nella nostra citta' e molta buona musica. Comunque, tutti gli elementi tipici di Seattle, l'isolamento geografico, la Sub Pop Records, il fatto che nessuno musicalmente avesse fatto granche' in precedenza, hanno contirbuito a creare quello che e' stato chiamato il grunge. La possibilita' che una cosa del genere si ripeta in futuro, con lo stesso impatto, e' abbastanza improbabile. Sarebbe come affrontare un esame. Ogni cosa che e' vagamente decente, ora, e' subito scrutinata. Prima potevi ancora suonare per anni e anni e nessuno ti filava minimamente. C'e' stato il tempo di approfondire e quando ci hanno scoperto hanno trovato una cosa bella e pronta.

Cosa ha provocato a Seattle il fatto di essere al centro dell' attenzione?
Gossard: Chi lo sa?
Vedder: Per chi e' coinvolto con la musica, probabilmente ha fatto capire quanto possono diventare assurde le cose.
Gossard: Esatto, questo e' giusto. La vita puo' essere davvero bizzarra.
Vedder: E chi si sentiva protagonista di questo movimento non ha nemmeno avuto l'atteggiamnto tipo: ehi, venite signori e signore, benvenuti a Disneyland e Grungeworld. Non e' stato cosi, nessuno aveva nemmeno intenzione di rilasciare interviste a Time Magazine. Se l'avessero fatto, magari li avrebbero soltanto presi in giro.

E adesso come', dopo tutti questi anni?
Vedder: I computer sono diventati molto di piu'...sai, ce' il caffe' e molte altre cose che hanno un grosso impatto sull' economia.
Gossard: Bill Gates...Ascolta, che ne pensi dell' ultimo disco. Ti piace?

Sono stata sorpresa che non abbia seguito la scia di No Code. Mi sembra che in quello vi eravate messi a sperimentare nuove formule.
Vedder: Wow.
Gossard: Piu' che nell' ultimo?

No Code indicava una nuova direzione, piu' introversa, il nuovo CD invece e' spesso rock diretto. Ce un motivo?
Gossard: In generale, non direi. Immagina: senti questa canzone, ti piace? Si, mi piace. Beh, allora mettiamola sul disco. Ok, eccone un' altra, ti piace anche questa? Sembra buona. E allora mettiamoci pure questa. Questo e' il procedimento. Il disco viene fuori giorno dopo giorno. Non ci siamo mai messi a discutere su che tipo di disco sarebbe dovuto venir fuori. L'unica cosa che abbiamo stabilito all'inizio e' che avremmo dovuto fare un disco migliore del precente. (Vedder ride)
Gossard: Per quel che riguarda il tipo di disco che deve venire fuori...noi proviamo fino a quando non finiscono i soldi. Poi mixiamo.

I pezzi sono legati all'umore nel quale vi trovate ora?
Gossard: Si

Siete meno introversi?
Gossard: Certamente.

Su No Code era come se foste seduti a casa a sperimentare.
Vedder: Giusto. Personalmente non sono molto contento di quel disco. Ma oramai lo avevamo fatto. E comunque ci sono brani come "Habit" su quel disco, e "Lukin". C'e' roba simile anche nel nuovo, quindi non mi sembra.
Gossard: La gente dice che l'ultimo disco non era come un disco rock. Poi, pero' Habit e Hail Hail e Lukin e quei pezzi sono completamente rock. Ma le lamentele sono sempre le stesse: disco sperimentale.

Quindi avete deciso di seguire un' altra direzione...
Gossard: Ci sono arrangiamenti sperimentali anche su questo disco. Non credo che Given To Fly sarebbe sta cosi' se non avessimo fatto Who You Are l'anno prima. Intendo dire che Jack Irons non si sarebbe sentito a proprio agio a suonare un cosi' strano giro di shuffle. Ci sono contaminazioni che provengono da No Code in tutto l'album. Credo che Sometimes sia molto strana, va e viene. Wishlist e' piu' diretta ma ha ugualmente un arrangiamento pazzo.

Questo disco non e' ne come il vostro primo ne come l'ultimo. E' una via di mezzo. Come se non si capisse quale direzione intraprendere.
Gossard: Credo che sia piu' equilibrato , perche' ora conosciamo cosa sappiamo fare e cosa ci e' familiare. Sappiamo anche come muoverci su terreni inesplorati. Se ci limitassimo soltanto alla sperimentazione fine a se stessa, sarebbe devvero un disco frustrante da ascoltare.

Mi pare che non ci sia nulla da obiettare.
Gossard: Secondo il mio punto di vista, quando ascolti un gruppo e capisci il loro tipo di musica, preferisci ascoltare il sound che viene loro naturale. Tutto cio' che viene automaticamente filtrato dalla loro sensibilita', senza che debbano per forza somigliare a qualcosa di predefinito. Pero' vorresti anche che facessero tentativi. Beh, io credo che questo disco sia una combinazione di tutte queste differenti tensioni.

Eddie, sei sempre stato la voce di questa generazione, con rabbia, pessimismo...
Vedder: E' scritto sopra il mio letto.

Tutte quelle persone sono cresciute, ora. La cosa ti ha fatto mai pensare alla direzione che dovrebbe prendere la band?
Vedder: Non mi sono mai posto il problema. Non e' cambiato nulla.
Gossard: Siamo contenti che la gente compri i nostri dischi, crediamo che ai ragazzi piaccia la nostra musica e la senta vicina. Ci rende felici. Specialmente se siamo eccitati dal disco.
Vedder: Gia', specialmente se comunque era quello che volevamo fare.

Hai rilasciato molte interviste nel passato, nelle quali hai affermato di odiare lo status di superstar. Come vanno le cose adesso?
Vedder: Molto meglio. E' un atteggiamento ipocrita lamentarsi di questa roba e poi farsi mettere su dai media. Ora mi sento molto distante da tutto quel discorso. Ho tutto il diritto di dirlo, ora. E davvero questa potrebbe essere...non so, non mi interesserebbe affatto se fosse l'ultima intervista. Non voglio piu' essere coinvolto in questa storia. Forse sono salito di un gradino. Non mi disturba parlare, e' normale, ma non ho interesse ad essere presente nei media, a parte fare i dischi. Non mi interessa se la mia foto non sara' piu' pubblicata.
Gossard: Questo e' un po' un esperimento per noi nel business. Abbiamo deciso di fare ancora un po' di stampa, non ce lo avremmo fatta per il resto dei nostri giorni. Abbiamo deciso tutti insieme che poteva andare, che avremmo provato. Potrebbe essere l'ultima volta che rilasciamo un' intervista.

No Code non ha venduto molto. E' stato per questo che avete deciso di fare ancora un po' di stampa?
Vedder: Ce' un fattore da considerare...che ha dato equilibrio alle cose. E' stato davvero un anno molto, molto positivo. Facciamo musica perche' vogliamo farlo, non perche' siamo costretti, e non lo facciamo per vendere. Sono entusiasta di come e' andata per No Code, va benissimo. Qualsiasi band sarebbe felice di quelle vendite.

Hai detto: Quelle vendite mi hanno dato l'occasione per essere nuovamente normale.
Vedder: Gia', infatti...
Gossard: (lo interrompe) Per lui, forse non ci crede davvero. Per me, ho dato un' occhiata alle vendite e ho detto: forse e' un disco non cosi' buono come avrebbe dovuto essere. Forse non abbiamo lavorato su quel disco abbastanza duramente.
Vedder: (annoitato) O forse non abbiamo sculettato abbastanza su MTV, come fanno molti altri per vendere i dischi. Se quello e' il modo per vendere dischi, che lo facciano pure. Non continuero' certo a fare quella merda. Preferisco la mia dignita'.

Sembra che tu voglia sabotare il successo...
Vedder: Non esattamente. E' un processo naturale. Ed e' grandioso.
Gossard: No code e' uno dei dischi che preferisco. Anche se come portavoce del gruppo posso dire che avremmo potuto suonare meglio, avere un sound migliore, avremmo potuto scrivere pezzi migliori. Vorrei sempre riuscire a suonare meglio. Ma questo sono io. Chiunque altro nel gruppo potrebbe dirti una cosa diversa su cosa conta davvero. Il fatto che non sia stato un disco accettato con entusiasmo da tutti, rispetto agli altri dischi che abbiamo fatto, mi ha fatto pensare: beh, faro ' meglio la prossima volta, scrivero' pezzi piu' belli e faro piu' demotape, per avere piu' materiale dal quale poter scegliere.

Non ti ha frustrato il fatto di non aver venduto bene?
Gossard: No, non mi ha mai frustrato. E' come per una nuova stagione, qualcosa di nuovo da fare, su cui concentrarsi. Passare attraverso un disco percepito, soprattutto dal punto di vista delle vendite, deludente, e' stata un' esperienza positiva per la band. Se avesse venduto otto milioni di copie, probabilmente staremmo a fargli il verso, suonando senza emozione.

Non ti sembra strano avere un atteggiamento cosi diverso da Eddie? Quello che trovi deludente, per lui rappresenta un sollievo.
Gossard: Io apprezzo questa situazione per altre ragioni. A me ha dato nuove energie, mentre ad Eddie ha permesso di prendere le distanze. Ecco il punto, quando si hanno cinque opinioni differenti in un gruppo.

Dopo la morte di Cobain hai dichiarato: Se questa parte di America, con tutte le sue influenze, non fara' nulla per cambiare, allora sara' una vera tragedia. Credi che sia successo proprio questo?
Vedder: Stiamo ancora in un fase di trasformazione. Credo che tu ti riferisca ad un concetto generale. Il cambiamento ci sara' sempre. Mi riferisco alle arti che riflettono la societa', in modo che la gente riesca a capire un po' meglio, in modo da dare una nuova prospettiva alle cose, e poi in genere...Sai, comunque non ci sara' mai una presa di coscienza di massa. So che in quell' intervista parlavo di Seattle in generale, ma solo perche' eravamo in cima alla piramide, eravamo la forza motrice, la band piu' influente nella musica al tempo. Ce' ancora quel tipo di influenza, adesso; Chris Novoselic riesce a condizionare l'andamento politico locale e si sta anche spingendo oltre. Non e' mica una scappatella, che se non funziona poi smetti.

I musicisti usano il loro potere in modo positivo?
Vedder: Faccio il possibile. Credo che in genere siano persone piuttosto responsabili.

Hai anche affermato di sentirti colpevole del tuo successo, e che molte altre band sono state trascurate. Stone e' per questo che cerchi di promuovere nuovi gruppi con la tua etichetta?
Gossard: Credo sia una delle ragioni. Forse e' stata solo la giustificazione. Ma poi la ragione che mi spinge a continuare e' che amo molto di quelle band e mi piacciono i loro progetti. Tendo a voler fare progetti. E' la mia personalita'. E' una cosa buona da fare. So qualcosa dell'industria musicale. Ho il mio studio, molti amici che suonano...hey, ho dovuto fare un' etichetta.

Edited by Laura Roma - 25/3/2007, 23:18
 
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