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pj harvey, stories from the city stories from the sea

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view post Posted on 17/3/2007, 18:10
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pj harvey devo dire che la conoscevo poco non avevo mai approfondito su questa californiana la conoscevo piu che altro per le sue molte collaborazioni con vari artisti tipo nick cave ...sono rimasto impietrito dietro questo lavoro uscito nel 2.000 chitarre riverberate che mi ricordano joe division soprattutto la chiusura
del disco "We Float" lenta, morbida, rassegnata che si apre poi nel verso liberatorio "But now... weeeee float, take life as it comes" con la voce di PJ che sale fino quasi a rompersi, strozzata e bellissima, 8 minuti e 18 di capolavoro.
un disco da avere !!!!!!
se volete ve lo faccio avere nella nostra sezione


qui potete trovare una breve recensione del lavoro www.kalporz.com/recensioni/storiefromthecity.htm

Edited by pastare - 10/11/2021, 14:48
 
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kim2
view post Posted on 17/3/2007, 20:34




vero ...grande lavoro e stato uno dei miei lp preferiti nell'anno 2.004
si e consumato il mio cd .....
 
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view post Posted on 16/9/2007, 21:05
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nuovo lavoro per la harvey dal titolo White chalk....ancora non l'ascolto come l'ho fatto vi faccio sapere che sensazione ho avuto
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recensione su rock star l'allego qui perche ho problemi con il computer per il link diretto
L’ossuta ragazzaccia in corsetteria fetish tutta spigoli e contorcimenti ovarici del fulminante tris d’esordio (“Dry”, “Rid of me”, “4-Track demos”), la femme fatale morbosa e tormentata (“To bring you my love”), la richiestissima musa indierock al fianco di illustri comprimari come Nick Cave, Tricky, Mark Lanegan e Queens Of The Stone Age, fino alla songwriter più o meno “normalizzata” degli ultimi album (“Stories from the city stories from the sea”, “Uh uh her”), ma pur sempre capace di strigliarti l’anima come solo una Patti Smith giovane saprebbe fare. Artista schizofrenica e senza dubbio coraggiosa, Polly Jean Harvey, da oltre dieci anni, è la reginetta incontrastata dell’alternative rock declinato al femminile, laddove la connotazione sessuale diviene premessa imprescindibile, condizione - per così dire - fisiologica del proprio fare musica. Perché è esattamente di questo che si nutre la musica di Polly Jean: abbandono e impeto, grazia e dannazione, tormento del corpo ed estasi dei sensi. Questi gli estremi della sua femminilità contorta ed esasperata, minacciosa e perciò potentemente sensuale, perennemente sul filo del tracollo emotivo. Questa la febbre oscura, il rovello interiore che da sempre scuote e anima le sue canzoni. A cambiare, in occasione di questo “White chalk”, sono semmai le soluzioni formali, le strategie sonore - mai così eteree - prescelte per dar vita alla rappresentazione, come se l’ormai trentottenne musicista inglese avesse avvertito la necessità di mettersi ancora più a nudo, puntando dritto al cuore (nero) della faccenda. Di sicuro, comunque, è che il make up stilistico (esplicitato fin dall’immagine di copertina, con una Polly Jean in abito bianco e sguardo contrito) ci restituisce una cantautrice sorprendentemente “diversa”, forte di un’intensità che da tempo temevamo perduta. E insomma: dimenticate l’urgenza primordiale, i vocalizzi isterici e le veementi espettorazioni punkblues con cui la ragazza del Dorset ci ha a lungo seviziato. Spazio a undici concise (mezz’ora appena di durata) ballate di folk scheletrico e indolenzito affidate alla produzione di Flood e John Parish e rifinite da un paio di fidati collaboratori (Jim White alla batteria, Eric Drew Feldman al basso) per un album dai toni mai così sofferti e intimisti. Tutto è ridotto all’osso, solo piano e voce, chitarre e batteria a iniettare quel tanto di ritmo che basta per scolpire un pugno di melodie in bilico fra disincanto e dolcezza, speranza e rassegnazione. Sono guizzi di luce che fendono la notte (il folk ancestrale della title-track, la spoglia preghiera di “Dear darkness”), frenesie dell’anima trattenute a stento (una “Grow grow grow” dal fosco incedere Cocteau Twins, il crescendo senza sbocco di “Silence”), confessioni a luci basse (“When under ether”, il mantra sconsolato di “To talk to you”, l’accorata invocazione di “Broken harp”). Più di una semplice conferma, una rinascita in piena regola.


 
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view post Posted on 17/9/2007, 16:51
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tanto entusiasta dell'lp stories from the city stories from the sea.. che meritò di aprire un topic... ... questo nuovo lavoro ....è vero è al mio primo ascolto ...ma il buongiorno si vede al mattino ...dopo un po sarà x il mio stato d'animo ma quello che mi è venuto da dire ... :( CHE PALLE !!!!!!noiso ... io adoro pj ma a tratti in questo disco la sua voce mi da fastidio legnosa lamentosa un lamento che non riesco a sopportare .... come nella recensione succitata di rock star le cose piu belle quando viene accompagnata dal piano e dalla batteria ....e per fortuna ...cmq emozioni poche un disco che entrerà a far parte degli scaffali inpolverati .....da buon intenditori ..... :alienff:

Edited by pastare - 10/11/2021, 14:54
 
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cekko1980
view post Posted on 7/1/2008, 00:15




SFTCSFTS lo adoro. Anche i primi lavori sono bellissimi. Sull'ultimo concordo che è piuttosto piatto.
 
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andryas
view post Posted on 11/10/2015, 17:52




ce ne sono molte di discussioni riapro questa ok?!?
n attesa che il suo nuovo album, ideale seguito di "Let England shake" del 2011, venga recapitato ai mercati, la cantautrice di Bridport, Regno Unito, ha offerto al suo pubblico una corposa anticipazione di quello che sarà il suo prossimo capitolo discografico durante un concerto tenuto al Barbican di Londra in occasione del suo quarantaseiesimo compleanno, caduto ieri, 9 ottobre: PJ Harvey, durante il set, ha eseguito ben dieci nuovi brani, intitolati "Chain of keys", "The wheel", "The orange monkey", "Dollar dollar", "The community of hope", "Homo sappy blues", "Medicinals", "Near the memorials to Vietnam and Lincoln", "River Anacostia" e "The ministry of social affairs", oltre ad aver recitato poesie incluse nel recente volume "The hollow of the hand", progetto realizzato con l'artista multimediale Seamus Murphy coinvolto nella serata per l'allestimento delle scenografie.

Sui social network sono emersi frammenti audio-video disponibili ai link qui sotto:
https://instagram.com/p/8ocX2EHgY1/
https://instagram.com/p/8oXsXTibBT/

Del prossimo album di PJ Harvey per il momento si hanno pochissime notizie: Uncut riferì di testi sempre volti al sociale, sulla falsariga del predecessore "Let England shake", ma ancora più politicizzati. Flood, per ora, pare essere l'unico produttore coinvolto nella lavorazione dell'album, che - ad oggi - non ha ancora né titolo né data di uscita.
 
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ignazioo
view post Posted on 29/4/2016, 11:37




o ascoltato l'ultimo lavoro di polly The Hope Six Demolition Project sicuramente il suo percorso artistico negli ultimi anni si è allontanato dai miei gusti musicali ma rimane un gran disco Video
 
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6 replies since 17/3/2007, 18:10   156 views
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