Forever Janis, l’esordio del documentario al Festival del Cinema di Venezia
Janis, comprato per l’Italia da I Wonder Pictures, è forse l’opera più bella vista finora a Venezia. Bravissima Amy Berg a ricostruire un ritratto fuori dai cliché. E quella voce. Quella voce
di Boris Sollazzo / 7 settembre 2015
Janis, non ti curar di loro ma guarda e passa. Questo vorresti dirle, vedendola nelle foto dell’infanzia e dell’adolescenza, abbracciandola. Immaginando i tre anni di bullismo subiti a scuola, quell’infame premio che le confraternite del college le diedero come “uomo più brutto del campus”, quell’aria goffa che non lasciava presagire la leonessa che avrebbe graffiato il mondo con la sua voce.
Il documentario Janis – sì, perché i grandi, da Diego a Jimi, non hanno bisogno del cognome -, ha tanti meriti. Ma uno più di tutti è renderti la Joplin amica, sorella, amante, compagna d’avventure e di bevute. A un certo punto senti addosso anche la sua tristezza e pur non vedendo mai sballi, ti immagini chiuso con lei a scrutare l’abisso. O in una stanza d’albergo a provare a tirarla fuori.
http://video.overweb.it/players/Uwx5WWVe-eQhxBZvM.htmlAmy Berg sa farti scrutare la rocker per eccellenza in ogni suo lato, con grazia e sensibilità, ma anche con la ruvidezza che ha solo la verità. Lo senti da amici, parenti, colleghi, compagni della band e di emozioni e di follie. Un coro bizzarro e partecipe, che a differenza di tanti altri documentari di questo tipo, tutti rinchiusi nel modello “filmati di repertorio e testimonianze”, non ha altri protagonisti che lei. Come se con la sincerità e la capacità di non invadere la scena, tutti volessero restituire ciò che non le avevano dato in vita, o che magari le avevano tolto.
Quella sorella così borghese, gli amanti freddi, chi ha assistito alle umiliazioni da lei subite, forse non proteggendola abbastanza. Janis non è solo Cry Baby che sa strapparti l’anima e le budella, o Summertime che ti fa intravedere la sua dolcezza – e qui entriamo in studio, scoprendone una versione poetica e una frenetica -, o Me and Bobby McGee, che ti dice che solo le più grandi sanno rendere le parole altrui qualcosa di magico, come Patti Smith, Edith Piaf o, appunto, Janis Joplin. Perché quella ragazzaccia rissosa e che regalava al mondo quella risata fragorosa e contagiosa tenendo per sé il buio che la divorava, era ed è di quella schiatta là: genio e empatia autodistruttiva, amore e morte, unicità e emancipazione che può diventare emarginazione. Perché se sei troppo avanti, poi, rimani solo. Il vuoto dietro, davanti, dentro.
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